TEMPO DI LETTURA: ⌚
È sempre un azzardo guardare la trasposizione cinematografica di un libro che ci è piaciuto, inevitabilmente i destini sono solo due: o ci crolla un mito oppure il film supera ogni nostra aspettativa e finiamo per amarlo quanto il libro. Neanche a dirlo io sono un'abbonata del destino numero 1, perchè puntalmente la mia idilliaca visione costruita pagina dopo pagina viene brutalmente distrutta da qualche distratto regista che stravolge completamente l'opera.

Grazie al cielo! Posso dire ora col senno di poi, perchè non solo il film mi è piaciuto molto, ma è anche uno dei pochissimi, per non dire rarissimi, casi in cui lo schermo ha battuto la carta, infatti il libro, per quanto toccasse corde sensibili della mia anima, non era riusito a farmi versare quella lacrimuccia che, invece, la narrazione filmica mi ha strappato.
L'ho trovato stranamente più empatico del libro, nonostante sia una convinta sostenitrice che le parole riescano meglio a catturare l'aspetto psicologico dei personaggi.
In questo caso, però, l'aspetto visivo e sonoro ha avuto la meglio sulle emozioni di carta.
Particolar merito di ciò va sicuramente attribuito all'interpretazione dei due attori protagonisti che calzano a pennello le vesti dei personaggi di questa melodrammatica storia.
Colonna portante del film è senza dubbio Ansel Elgort, che si cala perfettamente nel ruolo del coprotagonista e sfodera sguardi e sorrisi che bucano lo schermo.
Nel ruolo da protagonista, invece, vi è Shailene Woodley, che veste i panni della ragazzina malata terminale, Hazel Grace, di cui enfatizza, con la sua ottima performance, la forza d'animo, nonchè l'arguta sensibilità, caratteristiche delineate dal tono disincantato, ma mai rassegnato, con cui si approccia agli eventi che la vita le riserva. L'avevo già apprezzata nelle vesti di figlia ribelle di George Clooney in "Paradiso amaro", ma ammetto che in "Divergent" ho temuto che potesse diventare la nuova Kristen-Monoespressione-Stewart, anche se, in realtà, era la caratterizzazione del personaggio a richiedere una certa rigidità. Con "Colpa delle stelle" ha abbattuto ogni dubbio dimostrando di sapersi abilmente districare tra le varie interpretazioni di personaggi molto differenti tra loro.
Espressività ed empatia sono, quindi, i due punti cardini dell'alta performance dei due protagonisti, che interagiscono tra loro con una naturalezza e spontaneità disarmanti, oscurando un po' i personaggi secondari evanescenti. Complicità dovuta anche al fatto che hanno già recitato fianco a fianco sul grande schermo (ironia della sorte sempre nell'adattamento cinematografico di un best-seller) in "Divergent" nei panni di fratelli.
Ammetto che Ansel Elgort nella distopia diretta da Neil Burger non aveva molto catturato la mia attenzione, ma in questa pellicola, invece, mi ha stregata completamente con il suo modo di fare brillante e solare, nonostante le avversità.
Senza dubbio il merito va condiviso con il regista Josh Boone, che li ha diretti magistralmente, e alla caratterizzazione dei personaggi adattata alla pellicola dagli abili sceneggiatori Scott Neustadter e Michael Weber.
Forse i dialoghi potevano essere maggiormente curati per renderli più colloquiali, mantengono, invece, l'aspetto forbito prettamente letterario, che sottolinea la volontà di rimanere fedeli all'opera orginale. I fan più esigenti di John Green (ndr. l'autore del libro) avranno senza dubbio apprezzato lo sforzo, ma, a mio parere, azzardare di più non avrebbe intaccato la qualità del risultato, anzi, trovare nuovi espedienti per narrare visivamente ciò che prettamente dovrebbe rimanere scritto avrebbe evitato l'uso degli sms in overlay che personalmente ho trovato un po' fastidiosi.
La fedeltà al libro è stata, quindi, la priorità di Josh Boone, che ha, dunque, preferito una regia più asciutta per perseguire lo scopo, forse per paura di scontentare il pubblico che lo ha reso un blockbuster ancor prima che uscisse nelle sale o forse perchè gli argomenti trattati bastavano già ad attirare l'attenzione dle pubblico, sta di fatto che l'eccellente risultato ne ha ripagato il "sacrificio".
Il tema trattato, adolescenti affetti da cancro, tenderebbe ad attirare facili pietismi, soprattutto per chi è di lacrima facile, ma, in realtà, l'opea è abbastanza equilibrata perchè, sì, è vero che ci sono momenti commoventi, però il film non è volto tanto alla commiserazione quanto più all'immedesimazione, perchè anche se nella storia accade ciò che prevedibilmente crediamo che accada, l'originalità sta nel fatto che questa accade così come potrebbe accadere nel nostro quotidiano, senza ipocrite edulcolorazioni.
È per questo che si alternano facilmente le risate alle lacrime, perchè, proprio come nella vita, si alternano gioie e dolori, serietà e spensieratezza, dualismi che sfociano nel connubio "Eros e Thanathos" tanto amato nel cinema e in letteratura. Morte compagna di vita e vita compagna di morte, la temibile malattia può solo essere rallentata, ma mai sconfitta, è un triste insegnamento che non trova umana comprensione ed è per questo che ci dobbiamo costruire con le nostre mani un piccolo infinito nel limitato numero di giorni che ci è concesso vivere. È un'ingiustizia che non trova sfogo perchè non c'è un volto da accusare e in questi casi per accettare meglio la sorte non resta che colpevolizzare le innocenti stelle.

Solitamente preferisco i romanzi ai film, ma in questo caso anche per me è stato il contrario.
RispondiEliminaIl film è riuscito a farmi commuovere come il romanzo non era riuscito a fare.
Tuttavia ho trovato il romanzo ( e il film di conseguenza) un pò Darwiniano.
Mi spiego: Hazel ed Augustus s'innamorano e sono due malati terminali, sospesi tra la vita e la morte.
Isaac perde gli occhi per vivere, ma paga un prezzo molto caro, troppo: l'abbandono da parte della sua fidanzata che non ha alcun problema di salute, che non se la sente più di stargli vicino.
Il film sembra volerci dire che i malati devono stare tra loro perché solo tra loro possono capirsi, mentre una persona cosiddetta normale non potrà mai capirli. Questo è un messaggio crudele e sbagliato, almeno io l'ho interpretato così.
Quindi in generale non mi ha entusiasmato questa storia, anche se le performance degli attori sono state all'altezza.
Ma lo sai che non avevo pensato a questo aspetto della storia? Ora che mi ci fai pensare, mi trovi assolutamente d'accordo con te. Trovo il messaggio orribile e spero sia frutto di una disattenzione e leggerezza dell'autore, imperdonabile, ma comunque sia involontaria. Ora che mi hai fatto notare questo aspetto una cosa è certa: non lo guarderò più con gli stessi occhi entusiastici di prima.
EliminaPotrebbe anche trattarsi di una provocazione da parte dell'autore, che con questo romanzo ha voluto mostrarci l'aspetto più scomodo, e forse anche più realistico, di una società darwiniana che non è pronta per accogliere e comprendere le diversità.
RispondiEliminaAd ogni modo, esistono romanzi che trattano lo stesso tema in modo molto più delicato e intelligente, tra cui Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D 'Avenia. L'hai letto?
Si l'ho letto e ho visto anche il film, e confesso che in questo caso ho preferito il libro alla pellicola. Mi è piaciuto molto lo stile narrativo frizzante e brioso di D'Avenia, che nonostante ciò ha saputo trattare la tematica della malattia con il giusto rispetto.
EliminaPurtroppo non ho avuto ancora modo di leggere il libro, ma di Green, appena ho tempo, voglio leggere "Cercando Alaska".
RispondiEliminaQuesto film però proprio non m'è piaciuto. L'ho trovato davvero piatto e abbastanza ruffiano e pieno di frasi fatte, con l'irritante intenzione di speculare su due ragazzini malati di cancro, cosa che a mio modesto parere lo rende ancora più insopportabile.
Io sto leggendo "Città di carta", sempre di Green, ma sinceramente anche sta volta nel suo stile c'è qualcosa che non mi convince. Non che non sia un buon narratore ma non riesce a coinvolgermi più di tanto. "Cercando Alaska" non l'ho letto ma ce l'ho in libreria quindi prima o poi ci darò un'occhiata sperando che possa piacermi più degli altri due suoi libri che ho letto finora. Per quanto riguarda "Colpa delle stelle", solitamente non mi lascio commuovere da facili pietismi come quelli che film di questo tipo attirano su di sè ma sta volta forse proprio perchè ho trovato il film più coinvolgente del libro ci sono cascata con tutte le scarpe, però concordo assolutamente con te per quanto riguarda le frasi fatte, ma, ahimè, era inevitabile visto che il libro ne era pieno.
Elimina